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Piatti tipici

Prodotti e piatti tipici

Le magnifiche campagne dell’opitergino- mottense alimentano una storia gastronomica fra le più interessanti per ricchezza, varietà e bontà di piatti.

Le magnifiche campagne dell’opitergino-mottense, bagnate dai fiumi Piave e Livenza, ancora ricchi di pesce, e attraversate dal Monticano, dalla Lia e da altri corsi d’acqua; rese fertili e produttive da una lunga tradizione contadina, da campi e orti ben coltivati, da stalle e cortili ancora abbondanti d’animali domestici e da lunghi e solidi rapporti con le città e soprattutto Venezia, alimentano una storia gastronomica fra le più interessanti per ricchezza, varietà e bontà di piatti.

Qui la natura dona con generosità le erbe spontanee della primavera; gli asparagi del Piave, coltivati soprattutto a Cimadolmo, San Polo di Piave e Ormelle; gli ortaggi presenti tutto l’anno nelle case di campagna; i funghi autunnali e altro ancora e ci sono maiali e salumi straordinari (salami, museti, figadei, luganeghe, bondiole o lengual per la festa dell’Ascensione, soppresse, ossocolli, ecc.), anatre e oche, conigli, faraone, polli e tacchini.

E a tutto ciò si aggiunge il pesce che arriva ogni giorno dal mare a rendere ancora più varia e godibile la cucina del territorio.

Per quanto riguarda le erbe di campo ricordiamo i teneri germogli del luppolo selvatico (i bruscàndoli), dell’asparagina (spàresi selvàreghi), del gittone delle macchie (réce de lièvero), dell’ortica, della silene inflata o vulgaris (grìsoli o s’ciopéti), del taràssaco o dente di leone (radicèe), del rosolaccio o papavero selvatico (rosoline o peverèl) e i giovani virgulti del pungitopo (rust).

Tutte queste erbe spontanee si offrono a infinite varietà di preparazioni, dalle zuppe ai risotti, dalle minestre alle solari frittate - celebrate soprattutto il giorno di San Marco nella festosa scampagnata sul Prà dei Gai, tra Mansuè e Portobuffolè - dalle rinfrescanti insalate primaverili (preparate con i germogli e le foglioline più tenere) alle verdure cotte, che accompagnano ottimamente le carni.

Tra i funghi in quest’area sono preferiti di gran lunga porcini e chiodini, ma anche i finferli o gialletti, le finferle o Cantarelli gialli, le spugnole, ecc. trovano largo impiego in cucina, da soli, come contorno alle carni, come pure nei risotti autunnali.

Ad esaltare questi doni della terra e del mare c’è la collaudata sapienza delle donne di casa e dei tanti ristoranti e trattorie presenti in tutti questi paesi che hanno saputo creare e conservare un patrimonio gastronomico di inestimabile valore.

Zuppe, minestre, risotti d’ogni sorta, fra cui i risi co’ la luganega, i risi co’ i spàrasi, e quelli co’ i bruscàndoli, la sòpa coàda alla mottense con carne di gallina, o alla trevigiana con i piccioni, paste semplici e farcite e in particolare i bigoli in salsa per il Mercoledì delle Ceneri e i giorni di vigilia, e ancora i bigoli co’ l’anera per i giorni di festa, i tortellini in brodo per Natale e Pasqua, il baccalà in tanti modi, il bisàt coi àmoli (anguilla con le susine selvatiche acerbe), il polàstro in técia (pollo in umido), l’oca rosta, l’anara lessa col pien (anatra bollita farcita).

C’è la polenta, in questa zona solo bianca, ci sono i formaggi, dalla fresca casatella al latteria o Montasio, fresco, mezzano e invecchiato; ci sono dolci d’ogni tipo: pinza per l’Epifania, fugassa e colomba per la Pasqua, fritole, crostoli e castagnole per Carnevale, panettoni per Natale e poi biscotti semplici, ma molto buoni e tanti altri dolci di casa. E per tutti i piatti questa terra offre una ricchissima gamma di vini, onore e vanto d’una lunga e affermata tradizione enologica.

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